Gli scienziati hanno elaborato delle semplici linee guida che
possono aiutare a prevenire la devastante e mortale malattia di
Alzheimer, o demenza
29/05/2014
La malattia di Alzheimer è una di quelle patologie di cui tutti
abbiamo sentito parlare almeno una volta. Ne abbiamo sentito perché è
una tra le più gravi forme di demenza che si possono sviluppare e con conseguenze drammatiche per chi ne è colpito e per i familiari della vittima.Dell’Alzheimer
non esiste cura allo stato attuale delle cose,
sebbene la ricerca abbia già compiuto diversi passi avanti. Per cui, il modo migliore di combattere l’Alzheimer rimane, a oggi, la prevenzione.
Ed è proprio in direzione della prevenzione che va un lavoro appena pubblicato sulla rivista Neurobiology of Aging e condotto da un team internazionale di ricercatori coordinati dal prof. Neal D. Barnard della George Washington University School of Medicine. In questo lavoro, gli scienziati hanno elaborato una serie di 7 linee guida che possono essere una possibile arma di prevenzione.Le regole d’oro presentate dai ricercatori fanno seguito alla richiesta fatta loro durante la scorsa International Conference on Nutrition and the Brain – tenutasi a Washington il 19-20 luglio 2013 – di trovare un insieme di pratiche e misure, seppur preliminari, da consigliare al pubblico.
Ora, Barnard e colleghi, hanno stilato queste regole che coinvolgono l’alimentazione e l’attività fisica, visto che anche diversi studi precedenti hanno suggerito come lo stile di vita e fattori dietetici possano aumentare il rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer.
Per stile di vita e dieta sani, i ricercatori intendono la riduzione dell’assunzione di grassi saturi e grassi trans, che ritroviamo in grandi quantità nei dolci industriali e nei cibi fritti; mangiare invece molte verdure, legumi, frutta e cereali integrali; e poi noci e frutta secca per aumentare le dosi di vitamina E. Ma anche carne (in misura limitata), salmone, merluzzo, latte, formaggio e uova per ottenere buone dosi di vitamina B12.
Una menzione a parte meritano gli integratori vitaminici: su questo fronte, gli esperti consigliano di scegliere integratori che non contengano ferro o rame. E’ anche importante scongiurare l’assorbimento di alluminio evitando per quanto possibile l’uso di farmaci antiacido, pentole, lieviti in polvere o altri prodotti che contengano alluminio.
Secondo il prof. Barnard, la malattia di Alzheimer non è una parte naturale dell’invecchiamento e rimanendo attivi e mangiando sano si potrebbe contribuire a riscrivere il nostro codice genetico per questa straziante malattia.
Altro suggerimento fondamentale è quello di mantenersi attivi: secondo Barnard e colleghi, l’ideale è camminare a passo svelto per almeno 40 minuti, tre volte alla settimana. E poi dormire almeno sette ore ogni notte e mantenere la mente attiva dedicando 30-40 minuti di attività come i cruciverba e simili che sono un toccasana per la salute del cervello.
Queste semplici regole, che prevedono una dieta sana e un regolare esercizio, secondo i ricercatori sono un buon modo per ridurre il rischio di sviluppare la demenza o la malattia di Alzheimer.
Altri autori dello studio sono: Ashley I. Bush, MD, PhD, Antonia Ceccarelli, MD, PhD, James Cooper, MD, AGSF, FACPM, Celeste A. de Jager, PhD, Kirk I. Erickson, PhD, Gary Fraser, MBChB, PhD, Shelli Kesler, PhD, Susan M. Levin, MS, RD, Brendan Lucey, MD, Martha Clare Morris, PhD, Rosanna Squitti, PhD.
sebbene la ricerca abbia già compiuto diversi passi avanti. Per cui, il modo migliore di combattere l’Alzheimer rimane, a oggi, la prevenzione.
Ed è proprio in direzione della prevenzione che va un lavoro appena pubblicato sulla rivista Neurobiology of Aging e condotto da un team internazionale di ricercatori coordinati dal prof. Neal D. Barnard della George Washington University School of Medicine. In questo lavoro, gli scienziati hanno elaborato una serie di 7 linee guida che possono essere una possibile arma di prevenzione.Le regole d’oro presentate dai ricercatori fanno seguito alla richiesta fatta loro durante la scorsa International Conference on Nutrition and the Brain – tenutasi a Washington il 19-20 luglio 2013 – di trovare un insieme di pratiche e misure, seppur preliminari, da consigliare al pubblico.
Ora, Barnard e colleghi, hanno stilato queste regole che coinvolgono l’alimentazione e l’attività fisica, visto che anche diversi studi precedenti hanno suggerito come lo stile di vita e fattori dietetici possano aumentare il rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer.
Per stile di vita e dieta sani, i ricercatori intendono la riduzione dell’assunzione di grassi saturi e grassi trans, che ritroviamo in grandi quantità nei dolci industriali e nei cibi fritti; mangiare invece molte verdure, legumi, frutta e cereali integrali; e poi noci e frutta secca per aumentare le dosi di vitamina E. Ma anche carne (in misura limitata), salmone, merluzzo, latte, formaggio e uova per ottenere buone dosi di vitamina B12.
Una menzione a parte meritano gli integratori vitaminici: su questo fronte, gli esperti consigliano di scegliere integratori che non contengano ferro o rame. E’ anche importante scongiurare l’assorbimento di alluminio evitando per quanto possibile l’uso di farmaci antiacido, pentole, lieviti in polvere o altri prodotti che contengano alluminio.
Secondo il prof. Barnard, la malattia di Alzheimer non è una parte naturale dell’invecchiamento e rimanendo attivi e mangiando sano si potrebbe contribuire a riscrivere il nostro codice genetico per questa straziante malattia.
Altro suggerimento fondamentale è quello di mantenersi attivi: secondo Barnard e colleghi, l’ideale è camminare a passo svelto per almeno 40 minuti, tre volte alla settimana. E poi dormire almeno sette ore ogni notte e mantenere la mente attiva dedicando 30-40 minuti di attività come i cruciverba e simili che sono un toccasana per la salute del cervello.
Queste semplici regole, che prevedono una dieta sana e un regolare esercizio, secondo i ricercatori sono un buon modo per ridurre il rischio di sviluppare la demenza o la malattia di Alzheimer.
Altri autori dello studio sono: Ashley I. Bush, MD, PhD, Antonia Ceccarelli, MD, PhD, James Cooper, MD, AGSF, FACPM, Celeste A. de Jager, PhD, Kirk I. Erickson, PhD, Gary Fraser, MBChB, PhD, Shelli Kesler, PhD, Susan M. Levin, MS, RD, Brendan Lucey, MD, Martha Clare Morris, PhD, Rosanna Squitti, PhD.
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