domenica 31 agosto 2014

Intervista a Cofferati: «La svolta di Draghi sulla flessibilità dei trattati non c’è»


26/08/2014 09:32

Intervista. L’europarlamentare ex segretario Cgil: «Estendere l’articolo 18 anche ai precari» Ser­gio Cof­fe­rati, il gover­na­tore della Bce Mario Dra­ghi accetta la fles­si­bi­lità sui conti in cam­bio di riforme. È una svolta o solo un cam­bio di fac­ciata della dot­trina dell’austerità?
La svolta non la vedo. Penso che ci sia un’esigenza ogget­tiva della Ger­ma­nia di tute­lare il pro­prio export davanti ad un calo delle stime della sua cre­scita. E metto in conto che que­sto atteg­gia­mento più aperto della Mer­kel, che comun­que deve fare i conti con forti resi­stenze interne, dovrebbe aiu­tare anche noi. Quindi più che sulle parole di Dra­ghi, farei affi­da­mento e leva sui pro­blemi della Ger­ma­nia.
Credo che que­sto dibat­tito “riforme in cam­bio di fles­si­bi­lità sui conti” sia molto ita­liano. Non credo che Dra­ghi possa dire alla Mer­kel: diamo un po’ di fles­si­bi­lità all’Italia per­ché ha fatto la riforma del Senato…
E difatti le riforme a cui pensa Dra­ghi sono altre. E già si parla di riscrit­tura dello Sta­tuto dei lavoratori…
Anche qui, dipende come lo si riforma. Lo Sta­tuto va esteso e rior­ga­niz­zato. Se è così io sono d’accordissimo. Ma non credo che la Bce apprez­ze­rebbe una modi­fica del genere. Se invece si andas­sero a togliere diritti ai lavo­ra­tori la parola riforma ver­rebbe vio­len­tata. Il rifor­mi­smo in poli­tica signi­fica miglio­ra­mento in posi­tivo. Nel 2002, dopo la bat­ta­glia con­tro la modi­fica dell’articolo 18, la Cgil rac­colse 5 milioni di firme pre­sen­tando al Par­la­mento un dise­gno di legge di ini­zia­tiva popo­lare per rifor­mare lo Sta­tuto: un pro­getto di ampio respiro, che però non ebbe seguito”.
Men­tre si andò al refe­ren­dum sull’allargamento dell’articolo 18 che la vide contrario…
Sì, io avevo lasciato la Cgil, ma cre­devo fer­ma­mente che quel refe­ren­dum fosse un errore. Ora credo che l’articolo 18 vada allar­gato a tutti, natu­ral­mente modu­lan­dolo rispetto al con­tratto, ma allargato.
Ora Renzi dice: riscri­viamo lo Sta­tuto in nome dei precari.
Ed è abile poli­ti­ca­mente a farlo. Anche per­ché la Cgil ha per lungo tempo abban­do­nato il tema dei diritti dei para­su­bor­di­nati, dei diritti mutilati.
La segre­ta­ria Cgil Camusso sostiene quello che dice lei: riscri­viamo lo Sta­tuto per allar­gare i diritti ai pre­cari, ma la cri­tica ai sin­da­cati resta quella di non rap­pre­sen­tarli più
Il com­pito di rap­pre­sen­tanza del sin­da­cato era molto impor­tante ieri come oggi. Solo che oggi è più dif­fi­cile: il lavoro è fram­men­tato, non c’è più la fab­brica for­di­sta. Ma pro­prio per que­sto è impor­tante che il sin­da­cato rie­sca a rap­pre­sen­tare tutti i lavo­ra­tori, anche e soprat­tutto quelli gio­vani e con meno diritti. I corpi inter­medi in Ita­lia hanno sem­pre evi­tato che il con­fitto sociale diven­tasse aspro. Dove i sin­da­cati sono meno forti, penso alla Fran­cia, il con­flitto sociale si fran­tuma ma è molto più aspro e pericoloso.
Tor­nando all’articolo 18 per i gio­vani: il con­tratto a tutele pro­gres­sive non lo pre­ve­drebbe per i primi tre anni.
È un’ipotesi inte­res­sante a tre con­di­zioni. Innan­zi­tutto che sia un con­tratto unico e che cioè la sua intro­du­zione si accom­pa­gni ad una dra­stica ridu­zione della altre 46 moda­lità contrat­tuali esi­stenti. Ne bastano tre: part time o tempo deter­mi­nato, inte­ri­nale o sta­gio­nale e con­tratto unico a tutele cre­scenti che diventa tempo inde­ter­mi­nato. La seconda è che l’esclusione dell’articolo 18 sia limi­tata a soli due anni e non allun­gata con altri con­tratti a tempo deter­mi­nato. E che, ultima con­di­zione, l’articolo 18 torni ad essere quello che era: con la riforma For­nero e il licen­zia­mento per ragioni eco­no­mi­che ha perso total­mente la sua ratio di argine alle discri­mi­na­zioni verso i lavoratori.
Da segre­ta­rio della Cgil lei firmò la riforma Dini. Cosa pensa dei pen­sio­nati col retri­bu­tivo con­si­de­rati pri­vi­le­giati? Lei allora parlò spesso di diritti acquisiti.
Penso che con­si­de­rare pri­vi­le­giati anziani che hanno una pen­sione di 2.500 euro frutto del loro lavoro sia sba­gliato: die­tro quelle cifre c’è la fatica di un ope­raio tur­ni­sta. Soli­da­rietà è una parola straor­di­na­ria, ma se il con­tri­buto col­pi­sce anche loro, in que­sto caso è usata a spro­po­sito. C’è il pro­blema eso­dati da risol­vere? Lo ha creato il governo e il governo deve tro­vare una solu­zione, senza col­pire i pen­sio­nati. Cosa diversa è dire: sulle pen­sioni alte met­tiamo un pre­lievo per per­met­tere la riva­lu­ta­zione delle basse. Que­sta è solidarietà.
A vent’anni di distanza cosa pensa di quella riforma?
Fu una buona riforma. Con un errore che a poste­riori non si può più recu­pe­rare: la Cgil pro­pose di appli­care da subito il sistema con­tri­bu­tivo pro-rata, ma le altre due con­fe­de­ra­zioni e il governo non furono d’accordo. Le distor­sioni che ha pro­vo­cato que­sta man­canza le stiamo pagando. Poi è arri­vata la riforma For­nero che ha peg­gio­rato sen­si­bil­mente le cose, spe­cie per le donne: la pari­fi­ca­zione dell’età è giu­sta ma andava accom­pa­gnata da pro­te­zioni per i lavori di cura e la mater­nità. Per i gio­vani invece ser­viva un inter­vento a tutela del lavoro discontinuo.
Come gran parte del Pd non si è ancora espresso sul refe­ren­dum «Stop auste­rità». Cosa ne pensa?
Il con­te­nuto è con­di­vi­si­bile. Non con­di­vido lo stru­mento: il refe­ren­dum è una spe­cie di mon­ta­gna da sca­lare. Accende il faro subito, poi lo spe­gne, l’argomento va in sof­fitta a lungo fra la rac­colta delle firme e il voto. Credo che la via poli­tica per modi­fi­care le regole in Ita­lia e in Europa sia da privilegiare.

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