L'ex cassiere dei Casalesi racconta il sistema dello smaltimento illecito dei veleni, anche radioattivi, in Campania. Dichiarazioni messe a verbale già negli anni Novanta, a cui però non sono seguiti interventi sui territori colpiti. E la sua audizione del 1997 in Commissione parlamentare è ancora secretata
negli atti di un processo in corso in questi mesi, condotto dal pm della Dda di Napoli Alessandro Milita. Imputati sono alcuni esponenti del gruppo di Francesco Bidognetti, alias Cicciotto ‘e mezzanotte: nomi che ricorrono nella testimonianza di Schiavone, come Gaetano Cerci e Cipriano Chianese. L’accusa è pesante, disastro ambientale.
Il Gip di Napoli Anita Polito, nell’ordinanza di custodia cautelare per l’indagine sul disastro ambientale conclusasi nei mesi scorsi, ricorda nei dettagli le date degli interrogatori del collaboratore di giustizia ex cassiere del clan: Schiavone venne ascoltato due volte nel 1993, due volte nel 1994 e poi nel 1996. Nel suo raccolto dell’epoca “il collaboratore riferiva in particolare, riassuntivamente, che verso la fine degli anni 80 — a partire dal 1988 — Chianese Cipriano (aderente ad un circolo culturale occultante una loggia massonica cui partecipava Cerci Gaetano), già operante per suo conto nello smaltimento dei rifiuti, ebbe ad avvicinarsi al gruppo di Sandokan (il boss Francesco Schiavone, ndr) e Bidognetti Francesco, intessendo con loro rapporti di affari per le discariche. (…) Erano state rilasciate altresì alcune concessioni ottenute per la realizzazione di vasche ittiche, in realtà utilizzate per l’estrazione della sabbia, poi affidate a Cerci e riempite con rifiuti tossici”. E ancora: “Il Chianese procedette quindi a scaricare rifiuti nelle cave di sabbia che vanno dal Lago Patria fino a Mondragone (cave prodotte dal prelievo di sabbia destinate per le costruzioni del consorzio Con. Cav. per la superstrada Nola-Villa Literno)”. Tutte informazioni che, dunque, sono note da circa vent’anni. Tra il 1995 e il 1996 la Criminalpol di Roma – su delega della procura napoletana – ha ripreso i verbali delle dichiarazioni di Schiavone, effettuando una serie di sopralluoghi nella provincia di Caserta, per cercare di individuare con precisione i punti di interramento dei rifiuti tossici. Secondo il Gip di Napoli le dichiarazioni di Carmine Schiavone furono puntualmente riscontrate: “L’esito degli accertamenti disposti sul terriccio prelevato da alcuni dei siti individuati, consentiva di acclarare l’effettività della destinazione a discarica dei luoghi medesimi”.
Le denunce del collaboratore di giustizia furono raccolte nel 1997 anche dalla Commissione bicamerale d’inchiesta sui rifiuti, presieduta all’epoca da Massimo Scalia. Secondo il suo racconto, Schiavone consegnò alla commissione appunti e documenti con l’indicazione delle società coinvolte, delle targhe dei mezzi usati e dei luoghi degli smaltimenti. La sua deposizione risulta ancora oggi secretata e non è possibile capire quanto realmente raccontò. Di certo quel mondo di trafficanti descritto fin dal 1993 non appare – se non per sommi capi – nelle relazioni finali approvate dal parlamento nel 2001. Oggi, vent’anni dopo, è giunto il momento di aprire quegli archivi.
--------------------------------
Latina, il consigliere Forte: “Le rivelazioni sui rifiuti del boss Schiavone? Una merda”
Era attesa con ansia a Latina la sessione straordinaria del consiglio Provinciale sulle dichiarazioni di Carmine Schiavone. L’ex boss dei casalesi ha raccontato dei veleni sotterrati tra la provincia di Caserta e il sud del Lazio, indicando tra i tanti siti anche la discarica di Borgo Montello, a pochi chilometri dalla città pontina. Fatti noti fina dal 1996, quando Schiavone venne interrogato dai Carabinieri di Latina: “Questa provincia non è immune dal traffico di rifiuti”, spiegò allora. Il 12 settembre, dopo alcune ore di discussione – senza arrivare ad un documento condiviso – è arrivato lo sfogo del presidente del consiglio Provinciale di Latina, Michele Forte: “Schiavone sembra un imbecille quando parla, è un comandante di merda”. Ex sindaco di Formia – città dove ancora oggi risiede Ernesto Bardellino, fratello di Antonio, morto nel 1988 ed ex capo indiscusso dei casalesi – Forte ha iniziato la sua carriera politica negli anni ’60 con la Democrazia cristiana. Nel 1994 è stato tra i cofondatori del Ccd, insieme a Casini. Oggi è membro della direzione nazionale dell’Udc. Forte ha sempre negato la presenza della Camorra nel sud pontino, entrando spesso in polemica con l’ex prefetto Bruno Frattasi, che nel 2009 chiese lo scioglimento del comune di Fondi per infiltrazione mafiosa. Lo scorso anno, durante una conferenza stampa, in relazione ad un articolo di Latina Oggi su una cooperativa riconducibile all’Udc disse: “Fare il giornalista è un mestiere pericoloso” di Andrea Palladino
14 settembre 2013
IlFattoQuotidiano
Nessun commento:
Posta un commento