Micromega
Inaugurando per l’ennesima volta lo stabilimento Sevel in Abruzzo Sergio Marchionne ha dichiarato che quegli investimenti saranno gli ultimi in Italia, se resterà ancora in vigore la Costituzione e ancor di più se ci sarà chi la fa applicare.
Il criptofascismo dell’amministratore delegato Fiat non è una novità,
ma in questo caso la minaccia contiene anche una bugia perché la sua azienda e già impegnata in un nuovo investimento nel nostro paese, l’acquisto del controllo sul Corriere Della Sera.
Ma perché una multinazionale dell’auto prevalentemente americana considera strategico il controllo della RCS?
Così ha infatti affermato Sergio Marchionne e immagino lo stesso concetto abbia sostenuto John Elkann nel lungo colloquio telefonico con il Presidente della Repubblica.
Perché la Chrysler Fiat, che già controlla La Stampa, considera strategico costruire in Italia un impero editoriale, quando anche Mirafiori va in malora per assenza di investimenti?
Il regime politico informativo bipartisan che ci governa questa domanda non se la è posta né tantomeno l’ha posta, e questo la dice lunga sullo stato comatoso della nostra democrazia. Rappresentato da un Giorgio Napolitano che interviene su tutto tranne che su ciò su cui dovrebbe, nonostante le pie illusioni di Della Valle.
La Fiat vuole il Corriere perché vuole partecipare in prima persona alla ristrutturazione del potere economico e politico che il governo delle larghe intese sta amministrando. Proprio perché investe sempre meno nella produzione industriale e nella ricerca, la Fiat spende più soldi per fare affari e finanza assieme e dentro il potere politico.
Già negli anni 90 la famiglia Agnelli voleva abbandonare l’auto e iniziò a costruire una seconda azienda che spaziava dai telefoni alle banche al turismo. Questa operazione fallì e la Fiat fu salvata dalle banche e dai contribuenti, ma intanto anni e soldi erano stati buttati e l’azienda aveva perso un giro strategico rispetto ai concorrenti nella innovazione industriale.
Il grandissimo venditore di fumo italo svizzero canadese fu capace di rilanciare gli affari della famiglia nel mondo, usando ovunque gli accordi con il potere politico. Tutto questo al prezzo di una devastante ristrutturazione in Italia, con la chiusura di tanti stabilimenti soprattutto nel Mezzogiorno e con decine di migliaia di lavoratori in cassa integrazione senza alcuna vera prospettiva di rientro al lavoro. E soprattutto senza nuovi prodotti in arrivo, per i quali non si fanno investimenti con o senza le sentenze della Corte Costituzionale. Del resto lo stesso Marchionne ha più volte detto: non è il momento. Al contrario della Volkswagen che proprio ora investe, e non sui giornali!
Più la Fiat deindustrializza, più la proprietà fa affari nei salotti buoni del potere del nostro paese. Più gente perde il posto di lavoro, più potere mediatico si acquista. D’altra parte perché la Fiat dovrebbe fare qualcosa di diverso quando tutto il palazzo la sostiene?
Il vescovo di Nola e la presidente della Camera sono stati accusati di estremismo dall’azienda e da Brunetta. Anche il senatore ex segretario FIOM Airaudo ha chiesto di superare gli opposti estremismi delle due parti. È il momento della pace, titola la Repubblica mentre Landini chiede all’azienda di superare il passato.
Pace su che, per fare che? La Fiat continua a lasciare a casa la gente e a sfruttare per due coloro che ha la bontà di far lavorare. Dal punto di vista industriale l’azienda non ha futuro, ma gli affari per la proprietà vanno al meglio e si comprano i giornali. E Letta tace e Napolitano acconsente.
Se Berlusconi è il simbolo del disastro delle classi dirigenti passate, Marchionne lo è di quelle attuali. Che non trovano nulla da dire sul fatto che un industriale automobilistico chiuda le fabbriche e compri i giornali. Vergogna.
Giorgio Cremaschi
(9 luglio 2013)
18 commenti a “GIORGIO CREMASCHI – Gli affari di Marchionne e il disastro dell’Italia”
Nelle pagine interne le auto vendute: la Fiat Crysler del nostro “Re Mida” Marchionne non compare neppure.
Volkswagen ha i lavoratori ben pagati ed ottimamente tutelati, produce anche all’ estero ma il solo pensiero di trasferire la Casa Madre ed il grosso altrove farebbe scoppiare una rivoluzione. Non è neppure concepibile.
La propaganda politica ci ha insegnato che nazionalismo fa rima con nazismo. In un sistema di stati nazionali come quello in cui ancora viviamo , un po’ di sano nazionalismo virtuoso, però, farebbe più che bene. Noi ci stiamo svendendo tutto – le eccellenze in primis – si sa, siamo esterofili. Basta che paghino, e chissenefrega. E’ sempre stato così.
E poi ci stracciamo le vesti, ovviamente.
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Ovviamente sono d’accordo con la sostanza dell’articolo, a patto di estenderlo a tutta la stampa itliana che tranne il Fatto, pare, è tutta di proprietà di banche imprese e assicurazioni, in violazione del dettato costituzionale che impone l’obbligo della libertà della stampa dai poteri forti (mi faccio anch’io un’ interpretazione costituzionale ad personam e ad argumentum, tanto in Italia così fan tutti)
inutile commentare oltre le panzane di un blog ospitato sui media di un campione del conflitto-di-interessi-solo-per-gli-altri.
Con i soldi che lo stato ha regalato la FIAT e’ nostra gia 3 o 4 volte.
siamo tornati al medio evo dove contavano i signori ed i loro cortigiani , mentre il popolo era considerato meno del nulla.
Forse dovremmo piantarla con il “mito FIAT”.
Dando un’ occhiata ai suoi modelli, alla sua storia recente ( e non) e soprattutto ai numeri certamente non da record nonostante la propaganda, non dovrebbe essere difficile.
Alla “coinquilina” tedesca (operai ben pagati, soddisfatti, ben rappresentati, nessun pericolo di fuga della casa madre all’ estero) Volkswagen l’ 11,6% del mercato globale (punta a diventare entro il 2018 leader mondiale), ad un soffio da GM leader con l’ 11,9% e prima di Toyota(11,5%), Renault Nissan (8,6%) Hyundai Group(8,3%) Ford … (la FIAT non viene neppue citata: fonte Forbes).
Chi ha guidato sia FIAT sia VW non potrà che essere d’accordo (io per prima…)
Se fosse andato ad “accogliere” gli immigrati, avrebbe avuto tutte le prime pagine (impari, Eminenza, impari come si fa…)
Sulla disperazione dei lavoratori nostrani solo silenzio, come silenzio assoluto su cosa andranno a fare le migliaia – ormai milioni – di immigrati (solo una piccolissima parte sui barconi, ma sono i più mediatici)che dobbiamo accoglire.Quali lavori per loro? Come evitare che si rivolgano alla criminalità organizzata?
Qualche numero, qualche proposta, please.
Noi insensibili, noi colpevoli, noi che “non sappiamo piangere”.
Evidentemente da un pezzo Bergoglio non frequenta le case dei precari, nè dei cassaintegrati. Per non parlare degli esodati e dei licenziati.
Immagino che l’ immenso patrimonio immobiliare della chiesa sia da oggi a disposizione dei bisognosi. Immigrati o no, non importa.