Di nomine da fare ce ne sono altre, non meno importanti. Dalle Ferrovie a Invitalia, dalla Sace a F2i. Una gran giro di poltrone, in ballo di qui alla prossima estate. Da uomo delle istituzioni, arrivato dalla Banca d'Italia, Saccomanni vorrebbe rinnovare i consigli delle Spa controllate dal Tesoro secondo parametri "rivoluzionari", per un Paese abituato all'eterna mangiatoia dello Stato padrone. La selezione delle candidature dovrebbe "assicurare la qualità professionale e la competenza tecnica dei prescelti". Requisiti di onorabilità e di "legalità", cioè assenza di pendenze giudiziarie di qualunque genere. Vincoli di incompatibilità con altri incarichi di natura politica o economica, cioè assenza di conflitti di interesse di qualunque tipo. Insomma, una griglia severa. Che da un lato potrebbe alzare di molto l'asticella, per la scelta dei futuri amministratori. E dall'altro lato potrebbe azzerare interi consigli di amministrazione già intasati di personaggi improbabili, e per lo più al di sotto di ogni sospetto di lottizzazione.
L'iniziativa del Tesoro è lodevole. Ma mantenere la promessa sarà dura anche per un tecnico puro come Saccomanni. Pare infatti che il ministro si sia deciso a congelare le mosse su Finmeccanica, e ad annunciare una revisione complessiva dei criteri di nomina, perché nel frattempo si è scatenata una corsa frenetica all'accaparramento. La Grande Coalizione all'italiana riaccende i soliti appetiti. I partiti della "stranissima maggioranza" sono tornati famelici. Le aziende pubbliche sono ancora una volta un bottino da spartire. Come ai bei tempi, si intruppano in sala d'aspetto politici trombati o semi-falliti, manutengoli del Burosauro quirite e amici degli amici del sottobosco governativo. Persino il faccendiere Luigi Bisignani si riaffaccia sul proscenio, per spiegare chi e come spartisce la torta tra i litiganti, nel Belpaese delle Larghe Intese e delle Larghe Contese. Auguri, ministro Saccomanni. E se può, resista.
m.giannini@repubblica.it
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