Il video-messaggio di
Berlusconi non è solo un concentrato di dolori personali e di rancori
collettivi. Come sempre, i suoi sedici minuti di "discorso alla nazione"
racchiudono anche una micidiale sequenza di falsità. Dalla
ricostruzione delle sue vicende politiche alla "narrazione" delle sue
vicissitudini giudiziarie, la menzogna domina la scena e scandisce il
plot della fiction berlusconiana. La menzogna, ancora una volta, è
"instrumentum regni" del Cavaliere, utile a sovvertire il senso e a
generare il consenso.
Nel triste, solitario e finale comizio
televisivo, registrato come nel 1994 nella Villa San
Martino, si possono contare almeno sei bugie, che vanno dal bilancio
della crisi economica al rilancio della "moderata" Forza Italia.
Omissioni della realtà, manomissioni della verità: vale la pena di
ripercorrerle una per una, con una esegesi testuale e contro-fattuale,
per capire ancora una volta i meccanismi che fanno funzionare la
"macchina" del potere berlusconiano.
1) La crisi economica senza precedenti
Dice
il Cavaliere agli italiani: "Siete certamente consapevoli che siamo
precipitati in una crisi economica senza precedenti, in una depressione
che uccide le aziende, che toglie lavoro ai giovani, che angoscia i
genitori, che minaccia il nostro benessere... Il peso dello Stato, delle
tasse, della spesa pubblica è eccessivo: occorre imboccare la strada
maestra del liberalismo...".
Berlusconi parla come un passante, non
come il presidente del Consiglio che solo dal 2001 ad oggi ha governato
il Paese per ben otto anni. I risultati economici dei suoi due governi
sono stati rovinosi. Lo dice Ignazio Visco, governatore della Banca
d'Italia, nelle Considerazioni finali del maggio 2012 (il governo
Berlusconi è caduto nel novembre 2011): "Le condizioni economiche si
deteriorano da un anno. La produuzione industriale, che aveva a stento
recuperato nel secondo trimestre dello scorso anno,... è da allora
caduta del 5%. Il Pil è diminuito dalla scorsa estate per tre trimestri
consecutivi, con una perdita complessiva di 1,5 punti percentuali. Il
tasso di disoccupazione è salito, da luglio, da poco più dell'8 a quasi
il 10%, fra i giovani con meno di 25 anni dal 28 al 36%".
Quanto alle
tasse, la pressione fiscale è sempre aumentata durante i governi del
Cavaliere: dal 40,6 al 41,4% tra il 1994 e il 1996, dal 40,5 al 41,7%
tra il 2001 e il 2006 e dal 42,7 al 44,8% tra il 2008 e il 2011.
2) La magistratura "contropotere irresponsabile"
L'attacco
più veemente, come al solito, è contro le toghe: "Siamo diventati un
Paese in cui non vi è più la certezza del diritto, siamo diventati una
democrazia dimezzata alla mercè di una magistratura politicizzata che,
unica tra le magistrature dei Paesi civili, gode di una totale
irresponsabilità... si è trasformata da Ordine dello Stato in un
Contropotere in grado di condizionare il potere legislativo e il potere
esecutivo e si è data come missione quella di realizzare la via
giudiziaria al socialismo".
A quali "fonti" abbia attinto il
Cavaliere è un vero mistero.
La Costituzione prevede che "i giudici
rispondono soltanto alla legge" (articolo 101), che spettano al Csm
"secondo le norme dell'ordinamento giudiziario, le assunzioni, le
assegnazioni, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi
dei magistrati (articolo 105), ma che "il ministro della Giustizia ha
facoltà di promuovere l'azione disciplinare" e che il pm "gode delle
garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull'ordinamento
giudiziario" (articolo 107).
Com'è evidente, la magistratura è un
"organo dello Stato", che gode di autonomia secondo il principio della
separazione dei poteri, ma non della "totale irresponsabilità" lamentata
dallo Statista di Arcore: risponde alle leggi, come avviene in tutti i
"Paesi civili".
Quanto al "Contropotere" che condiziona "il potere
legislativo e il potere esecutivo", il Ventennio berlusconiano dimostra
l'esatto contrario: con 18 leggi ad personam sulla giustizia su un
totale di 37 fatte approvare a forza dal Parlamento, è stato Berlusconi a
usare il potere esecutivo per imporre al legislativo un vincolo al
giudiziario. Infine, la "missione di realizzare la via giudiziaria al
socialismo" è un inedito assoluto del Cavaliere: qualche solerte
azzeccagarbugli deve avergli spacciato come documento di Magistratura
Democratica un vecchio dispaccio di Andrej Vishinsky, procuratore
dell'Unione Sovietica degli anni '30.
3) La caduta del primo governo del 1994
Per
sostenere la tesi del "complotto politico" e della "Guerra dei
Vent'anni" dichiarata contro di lui dai giudici rossi, Berlusconi risale
ai tempi di Mani Pulite, alla sua discesa in campo e al suo primo
trionfo elettorale del '94: "Immediatamente, i Pm e i giudici legati
alla sinistra e in particolare quelli di Md si scatenarono contro di me e
mi inviarono un avviso di garanzia accusandomi di un reato da cui sarei
stato assolto, con formula piena, sette anni dopo".
È la famosa
leggenda dell'avviso di garanzia recapitato all'allora premier dal Pool
di Milano durante il vertice Onu sulla criminalità a Napoli. Fatto
vero, che si verifica il 22 novembre 1994. in relazione all'inchiesta
sulle tangenti alla Guardia di Finanza. Ma il primo governo del Polo non
cade affatto per questo: si sfarina a causa della lotta fratricida
sulla riforma Dini, che porta la Lega di Bossi a decidere il ribaltone e
Berlusconi ad aprire la crisi il 22 dicembre, con un durissimo discorso
alla Camera in cui accusa l'ex alleato Senatur di "rapina elettorale".
Quanto all'esito di quel processo sulle tangenti alla Guardia di
Finanza, non è vero che il Cavaliere viene "assolto, con formula piena,
sette anni dopo". Intanto in quel processo, nel 2001, viene condannato Salvatore Sciascia, dirigente Fininvest, che le tangenti le ha pagate.
Berlusconi viene assolto su tre capi d'imputazione, ma per un quarto se
la cava grazie all'"insufficienza probatoria". Non solo: nella sentenza
di condanna definitiva per David Mills la Cassazione accerta che
l'avvocato inglese fu corrotto "per testimoniare il falso nel processo
sulle tangenti alla Gdf", favorendo così l'assoluzione dell'ex premier.
4) Cinquanta processi, quarantuno assoluzioni
È
un classico della vulgata berlusconiana: "Mi sono stati rovesciati
addosso 50 processi che hanno infangato la mia immagine... ed ora, dopo
41 processi che si sono conclusi, loro malgrado, senza alcuna condanna,
si illudono di estromettermi dalla politica con una sentenza che è
politica ed è mostruosa... sottraendomi da ultimo al mio giudice
naturale, cioè a una delle sezioni ordinarie della Cassazione che mi
avevano già assolto, la seconda e la terza, due volte...".
Il
vero numero dei processi di Berlusconi non è 50, come dice ora, né meno
che mai 106, come sparò nel novembre 2009. I suoi processi sono finora
18. Quelli conclusi sono 14 (di questi uno è una condanna definitiva per
frode fiscale, quello sui diritti tv Mediaset, e solo un altro è
un'assoluzione con formula piena; quanto al resto, 2 sono assoluzioni
con "formula dubitativa", e 10 sono assoluzioni dovute all'effetto delle
leggi ad personam, tra legge Cirielli sulla prescrizione e
depenalizzazione del falso in bilancio). Quelli ancora in corso sono 4:
due di questi si sono conclusi con una condanna in primo grado (nastri
Unipol e Ruby 1) mentre per altri 2 il procedimento è solo agli inizi
(Ruby 2 e compravendita dei senatori a Napoli).
Quanto alla condanna
definitiva sui diritti tv Mediaset, la sentenza non è politica, poiché
si riferisce a fatti che precedono la discesa in campo, e non c'è stata
alcuna sottrazione al "giudice naturale": l'assegnazione alla "Sezione
feriale" della Cassazione, invece che alle sezioni seconda e terza,
rientra nella normale applicazione della legge e della prassi. La
procedura d'urgenza nella discussione delle cause è prevista
dall'articolo 169 delle disposizioni di attuazione del codice di
procedura penale e dal "decreto organizzativo" varato dalla stessa Corte
nel 2012.
5) L'evasione inesistente sui diritti tv
Sulla
condanna nel processo Mediaset il Cavaliere si difende così: "Sono
riusciti a condannarmi per una presunta ma inesistente evasione dello
zero virgola... Io non ho commesso alcun reato, io sono assolutamente
innocente...".
L'evasione fiscale, con la quale il gruppo
Mediaset ha creato fondi neri necessari al pagamento di tangenti, non è
affatto "inesistente". Secondo i giudici, che l'hanno confermato in tre
gradi di giudizio, la frode fiscale effettivamente sanzionata si
riferisce al biennio 2002/2003, ed ammonta a 7 milioni di euro. Ma
quella originariamente contestata era pari a 370 milioni di dollari,
perché risaliva indietro fino agli anni '80. Se questa imputazione è
caduta è solo grazie, ancora una volta, alle leggi ad personam, che
hanno fatto cadere le accuse di appropriazione indebita e di falso in
bilancio. Ma la frode fiscale, ormai, è "res iudicata". Se questo è un
innocente.
6) Forza Italia partito della tolleranza
Il
mesto finale da Caimano attinge all'antico repertorio azzurro: "Forza
Italia difende i valori della nostra tradizione cristiana, il valore
della vita e della famiglia, della tolleranza verso tutti a cominciare
dagli avversari...".
Sul "valore della famiglia" come caposaldo
etico-morale dei valori forzisti, la sentenza di condanna in primo grado
per prostituzione minorile patita dal Cavaliere per la vicenda di Ruby,
la "nipote di Mubarak", sembra raccontare tutt'altra storia. E non si
tratta di intrusione nella vita privata, ma del dovere di un uomo
pubblico di rendere conto dei propri comportamenti, soprattutto quando
questi rivelano l'abuso e la dismisura.
Sulla "tolleranza verso gli
avversari", a parte la sterminata letteratura sui "comunisti che
coltivano l'odio e l'invidia sociale" e
i numerosi "editti" emessi per cacciare dalla Rai i vari Biagi, Santoro
e Luttazzi, fa fede una frase memorabile che proprio Berlusconi
pronunciò il 6 aprile 2006, all'assemblea di Confcommercio: "Non credo
che ci siano in giro così tanti coglioni che votano per la sinistra...".
Questo perché, oggi come allora, Forza Italia è "il partito dei
moderati". L'eterno ritorno. O, forse, l'eterno riposo.
m.giannini@repubblica.it
(19 settembre 2013)
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